
A split single to document the work of Teho Teardo and JG Thirlwell at the Santarcangelo dei Teatri Festival, a really important festival that takes place in the wonderful town of Santarcangelo (Italy). Underneath the town there are several ancient grottos, like a subterranean beehive where both Teho and JG performed several times for 3 days, each one into his grotto.
This record marks also the beginning of Specula records, Teho Teardo’s label. Specula means an observation point.
Nel ventre della terra, in due grotte adibite a spazi performativi per il Festival di Santarcangelo, Teho Teardo e J.G.Thirlwell mettono in scena le loro performance musicali. Studiano il rapporto tra la costruzione sonora e lo spazio che la ospita, la fisicità e la spiritualità del suono, la percezione del pubblico che da esso viene investito.
Nella “grotta” di Teho Teardo il pubblico si ritrova dinanzi ad una parete vuota verso la quale sono state dirette delle casse e dei microfoni. Il musicista, alle spalle del pubblico, prende dunque a suonare “sparando” come proiettili le onde sonore verso quella parete che d’improvviso, le raccoglie, le rifrange e le lancia nuovamente verso gli spettatori. Il luogo diviene tangibile nella sua interezza grazie al suono ma allo stesso tempo il suono trova la sua fisicità grazie alle pareti che lo avvolgono e che lo spingono nuovamente verso il pubblico. Teardo gioca con la sua musica come fosse un oggetto tridimensionale, la manipola, la lancia come una palla, un sasso, nelle mani del pubblico, scosso da questo continuo passare di particelle ora percepibili sulla pelle. E’ come se il suono si mostrasse nella sua visibile fisicità, come se le orecchie divenissero occhi con i quali poterle vedere per scoprire che sono fatte di terra, di roccia, della pietra ruvida, dura, e vibrante delle pareti della grotta. E che tutti questi elementi possono suonare insieme allo stesso Teardo.
E’ un luogo metaforicamente religioso, invece, quello in cui si ritrova il pubblico di Ecclesiophobia di Thirlwell e non è un caso se la grotta adibita per la performance assomigli alla Chiesa di San Clemente a Roma. Al centro di uno spazio circolare, richiamante gli spazi di una catacomba o dell’architettura delle basiliche proto-cristiane, Thirlwell pone un tamburo sopra il quale cadono continuamente gocce d’acqua. Da sotto il tamburo una luce bianca proietta i movimenti del liquido sulle pareti della grotta mentre il tonfo causato dal cadere delle gocce viene captato e rielaborato elettronicamente. Thirlwell ne altera il tono e ne ritarda la riproduzione, sfasandola rispetto l’azione, e inserendola in una composizione di suoni eterei - come il suonare di campane - che improvvisamente riempiono i cunicoli della grotta. Il pubblico si ritrova così in una situazione non delineata, allucinata e mistica, un’estasi sonora e priva di tempo, poiché neanche il cadere della goccia riesce più a scandirlo. Le pareti, le rocce, la terra, perdono la loro consistenza, assorbono il suono, lo mettono in circolo e si dissolvono in esso, fragili e prive di fisicità come le ombre dell’acqua, come onde sonore fatte di aria.
Il suono viene dunque mostrato nella sua essenza spirituale ed eterea quasi in contrapposizione alla fisicità ricercata da Teardo. I due artisti radicalizzano le loro performance su due antitetiche qualità del suono, distanti una dall’altra, ma che pure in esso convivono come il lato positivo e negativo di una calamita. E lo spazio che viene a disegnarsi in questa dicotomia delinea alcune vie, alcuni tratti del festival che lo ospita; è insomma la base, il luogo, in cui può avvenire sia l’esperienza eterea della potenza immaginativa ed evocativa del suono sia quella più corporale e fisica.
Esperienze che immergono gli spettatori in un mondo fatto di “suoni visibili” o di immagini evocate che come roccia e come aria si incastonano nella memoria.